IL SETTORE GIOVANILE DOVE REGNA IL SENSO DI APPARTENENZA

In questi ultimi quattro anni, per vari motivi e con diversi ruoli, ho seguito con passione e attenzione l’attività del settore giovanile della Reggiana. Se ne parla poco, troppo poco e se ne scrive ancora meno ed è un peccato perchè è un settore importante del club, vitale per il futuro, con tanti appassionati che vi ruotano attorno. Il settore giovanile è sempre in funzione della prima squadra e  vive di luce riflessa. Purtroppo in virtù del fallimento nel 2018 tutto il lavoro che era stato fatto prima dai vari responsabili (Fausto Vezzani, Mezzina, Caprari e Biagini) è stato disperso perché i migliori (ben 37 ragazzi) hanno accettato le proposte di Sassuolo, Carpi e Parma oltre a club di grande spessore come Juventus e Bologna. Un patrimonio tecnico costruito in tanti anni ma soprattutto un patrimonio economico che supera di gran lunga il costo del fallimento. Ho già scritto di tutto questo e oggi il Bologna, il Sassuolo e il Parma incassano al posto dell’Ac Reggiana migliaia di euro per la cessione dei nostri ragazzi. Pazienza. Per fortuna alcuni, dopo questa esperienza, hanno fatto rientro alla casa madre, cioè alla Reggiana. Altri (Piccinini, Marino e altri) avranno una grande occasione per diventare dei giocatori professionisti.
Ma non è questo il tema che mi interessa rimarcare bensi’ la dedizione e la passione che tanti dirigenti, accompagnatori, tecnici, massaggiatori, preparatori mettono al servizio del settore giovanile a iniziare ovviamente dal responsabile Vittorio Cattani che ha ricevuto una pesante eredità. E non pensiate che siano i rimborsi spesa che usufruiscono che animano questi addetti ai lavori perché non è cosi’. La spinta viene dal senso di appartenenza, dall’orgoglio di indossare la divisa della Reggiana, di far parte della Reggiana. Un impegno importante, continuativo, che si sviluppa soprattutto nel fine settimana quando vanno in scena i campionati. C’è una passione a monte, un senso di rispetto e di attaccamento ai colori sociali. Una dedizione che affiora soprattutto nei momenti in cui i risultati non sono esaltanti perché occorre ricostruire. Questi due anni, ad esempio, sono stati di sofferenza da un punto di vista dei risultati però ho visto molta dedizione che a volte ha sopperito anche a qualche momento di disorganizzazione, come può succedere.
Parlo di queste figure perché spesso e volentieri passano inosservata. Non sono conosciute anche se spesso li possiamo vedere allo stadio in occasione delle partite della prima squadra. Si’ perchè, compatibilmente con gli orari delle partite in calendario, poi si fiondano al Giglio per diventare anche tifosi. Spesso seguono la partita tutti assieme. Ecco un altro aspetto fondamentale: fanno squadra. Non vivono a compartimenti stagni, non c’è invidia tra loro ma solidarietà e senso di appartenenza al club. E’ molto gratificante tutto questo. Il loro unico momento di gloria è quando la società organizza la sfilata in campo del settore giovanile, tra un tempo e l’altro di una partita che spesso è trasmessa in diretta tv. E’ sempre stato cosi’. Oppure quando viene organizzata dal club la festa a loro dedicata. Sono questi i due momenti in cui vengono accesi i riflettori sul loro impegno.
C’è poi un altro aspetto che mi piace sottolineare: il valore educativo. Tutti sono chiamati a svolgere questo compito educativo: dal massaggiatore, all’accompagnatore al tecnico. Ci sono regole da rispettare, convivenza, regole del gruppo, insegnamenti. Non c’è solo l’arte di apprendere a giocare a calcio ma il modo come si sta assieme. Spesso e volentieri i dirigenti del settore giovanile vengono gratificati, non tanto dalla vittoria ma piuttosto quando da persone esterne viene detto “sono ragazzi educati”. L’educazione è un valore aggiunto. So benissimo che su questo argomento molti potrebbero eccepire ma l’eccezione non fa regola.
Non voglio parlare dei ragazzi che giocano per la Reggiana, delle varie squadre, del risultati che ottengono ma semplicemente mi piacerebbe che comprendessero che l’esperienza di giocare nella Reggiana fa parte di un percorso di crescita. Rispetto ai loro coetanei che giocano nelle squadre dilettantistiche sono privilegiati nell’indossare la maglia granata, nell’avere a disposizione uno staff di valore ma devono ugualmente rimanere ancora alla realtà, alle regole che impone la famiglia quali lo studio, l’educazione, il senso civico. Il calcio è un mondo molto selettivo. Un tempo si diceva “uno su mille ce la fa”. Oggi non so se questo vale ancora perché la serie A pensa più ai giocatori stranieri che a quelli italiani e diventare un calciatore di serie C non so se ti permette di vivere poi di rendita. Voglio dire a questi ragazzi che il calcio è la loro passione ma nella loro vita futura non ci deve essere solo il calcio.
Questo è un discorso che devono capire soprattutto i papà o le mamme che guardano con “occhi diversi” i loro figli giocare in maglia granata. Li ho sentiti nel ruolo di “allenatori sugli spalti” ma sbagliano. L’unico insegnamento che dovrebbero trasmettere ai loro figlio è l’orgoglio di indossare la maglia della Reggiana, il senso di appartenenza a un gruppo. Il resto non conta.

Non voglio dilungarmi a lungo ma la promessa è di riparlare di questo affascinante mondo che viene dietro le quinte.

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