HO SCOPERTO I VALORI CHE ACCOMPAGNANO LA MARATONA
UNA GARA CON SE STESSI, UN OBIETTIVO DA CONDIVIDERE CON CHI AMI
Devo ammettere che da giornalista non mi sono mai occupato di Maratona ma un giorno mia moglie mi ha detto “per festeggiare i miei 40 anni voglio fare una Maratona”. Da quel fatidico giorno, eravamo ai primi di gennaio, per un anno intero ho scoperto e capito cosa significa fare una Maratona, vale a dire una corsa di 42 chilometri. Ho scoperto un mondo nuovo, affascinante, pieno di valori, ricco di umanità e solidarietà.
Non dovete pensare alla Maratona come a una gara in cui ci sono in palio delle medaglie o dei premi, un podio, la premiazione. No, non è questo che spinge migliaia di sportivi e non a compiere questa impresa. La Maratona è prima di tutto il mettere se stessi in discussione, alla prova. Si’ perché non puoi calzare un paio di scarpette e poi fare la Maratona ma a monte c’è una preparazione che nel caso di mia moglie, che non aveva mai fatto una corsa nemmeno di dieci minuti, è durata un anno. Non ci si può e non ci si deve improvvisare maratoneti perché con il proprio fisico non si scherza. Soprattutto con muscoli e cuore. Ed è proprio nella preparazione che emergono situazioni speciali perché a volte devi farti violenza per metterti a correre da solo per le strade di campagna, magari con la pioggia, il vento o il sole cocente. Devi iniziare dai piccoli tracciati per arrivare progressivamente ad avvicinarti ai 42 chilometri della Maratona. E in questo lasso di tempo, che sottrai alla famiglia, agli affetti, al lavoro, ai vari impegni che metti alla prova il tuo carattere, la volontà di farcela. E seguendo passo passo questi, diciamo allenamenti, capisci perché all’arrivo della Maratona di Reggio vedi i volti sorridenti di chi non passerà alla storia per il suo tempo ma è felice e soddisfatto per avercela fatta. Per aver coronato quell’impegno con se stesso. Certo, poi col passare del tempo, con più Maratone alle spalle, pensi anche al tempo, al tuo record, a fissarti un obiettivo per centrarlo. E’ una crescita di obiettivi ma sempre con te stesso, perché sai che non potrai mai essere un atleta competitivo e forse, anzi sicuramente non ti interessa nemmeno,
Quella medaglia che uno steward ti mette al collo in modo distratto o frettoloso per te ha un significato immenso. Quando guardi quella medaglia, più simbolica, per te è come se fosse di oro zecchino perché è il gesto che corona un anno di sacrifici, anche se alla fine sai che non è giusto parlare di “sacrifici” perché il podismo ti è entrato nel cuore, ce l’hai sulla pelle, fa ormai parte di te.
Ma voglio tornare alla preparazione, a questo lungo anno di allenamenti quasi quotidiani. Mi sono spesso chiesto “Ma a Sara chi glielo fa fare?”. Poi ho capito quando l’ho vista arrivare in lacrime al traguardo della Maratona di Reggio. Ho capito perché lo voleva fare e ho capito che tutte quelle ore passate a correre per le stradine della Bassa Reggiana avevano un significato. Era riuscita in ciò che voleva: mettersi alla prova, porsi un obiettivo, un traguardo che all’inizio sembrava impossibile ma con la costanza e la tenacia e’ riuscito. Poter dire “ce l’ho fatta” anche se poi dentro di te sai che è solo l’inizio perché l’emozione e l’adrenalina che ti mettere in corpo una Maratona è talmente esaltante che la vuoi riprovare non una ma cento volte. E’ una droga.
Per arrivare a questo traguardo, però, c’è anche un aspetto su cui molti dovrebbero riflettere quando affermano “noi siamo quello che mangiamo”. Ebbene per prepararsi a una Maratona occorre anche iniziare ad alimentarsi in modo adeguato e bene.
“Non si mangia, ci si nutre”. E’ un concetto che ho capito cosa significa perché in questo anno ho dovuto, per forza di cose, seguire l’alimentazione di mia moglie, fatta di programmazione giornaliera, di scelte alimentari, di istruzione alimentare e anche di sacrifici perché ho imparato che stranamente ma non troppo “ciò che è buono, non fa bene”.
L’alimentazione è un altro elemento fondamentale per prepararsi a una Maratona, quindi ho capito che occorre leggere bene le etichette dei prodotti, scegliere ciò che mangi e poi seguire una dieta non per dimagrire ma per nutrirsi. Non è facile, anche più costoso ma è un aspetto fondamentale che è servito per stare bene con se stessi. Certo, comporta una scelta di vita anche se poi nel corso della settimana ti puoi concedere degli sgarri ma un modo di alimentarsi che fa bene e che consiglio, anche a chi come me non vuole fare la Maratona.
Per un anno, quindi, il mio frigorifero e la mia dispensa hanno subito l’influenza della Maratona e ora è difficile poter tornare indietro.
Ho lasciato per ultimo ciò che più mi ha colpito, anzi diciamo due aspetti.
Il primo, che in qualche modo credo sia paragonabile al calcio, riguarda la mania che tutti i maratoneti hanno nei confronti del tempo. Non parlano di altro: prima si discute su quanti minuti fai al chilometro, poi il metro di misura è la Mezza Maratona, poi il tempo che impieghi per la Maratona. Un pò come noi che parliamo di risultati, di rigore, di fuorigioco. Entri in un meccanismo perverso che ti porta a pensare solo a quello. Ora capirete che non è facile vivere con una moglie che parla di “cinque minuti al chilometro” oppure di “ripetute, allunghi, ecc”. Ma tutto sommato basta un bacio per accettare questo particolare.
Scherzi a parte ciò che mi ha colpito nel profondo del cuore è la solidarietà e lo spirito di corpo che esiste tra gli appassionati di questa disciplina. Gli allenamenti, ad esempio, sono spesso un pretesto per ritrovarsi e fare assieme dieci o venti chilometri e c’è chi lo organizza come una vera Maratona, mettendo dei punti di ristoro (caso mai nascosti il giorno prima) proprio per vivere una corsa in compagnia. Che poi è ciò che accade il giorno della Maratona perché si parte in tremila e si arriva in tremila. Si’ tutti assieme. Non c’è competizione per chi corre una Maratona con se stessi. Non c’è agonismo ma solidarietà, amicizia, voglia di arrivare a quel traguardo assieme o anche da soli ma sapendo che tanti, anzi tutti, in quel momento hanno goduto la stessa gioia.
Il tempo, quel famigerato quattro ore, passa in secondo piano per far spazio alla solidarietà, al piacere di esserci. Succede anche che se cadi c’è sempre qualcuno pronto a soccorrerti. E non parlo degli addetti alla Croce Rossa ma degli stessi concorrenti che si fermano per te. Se sei in crisi perché le gambe non girano, troverai sempre chi ti sostiene psicologicamente, chi ti accompagna all’arrivo, ti prende per mano. Mia moglie è arrivata al traguardo mano nella mano con una sua amica e in quel gesto c’era il senso della vita: accompagnarci al traguardo. In quel momento, solo in quel momento, avrei voluto prendere il posto della sua amica perché è bello accompagnare ed affiancare chi ami al traguardo.
Questa solidarietà, però, comporta anche uno stato d’animo che nessuno mette in discussione. Quando un tuo compagno o un amico è in difficoltà, ecco che tutto passa in secondo piano: ti metti al suo fianco per accompagnarlo al traguardo, conscio che lo stesso lo farebbe per te. Mi ricorda una scena di Peppone e Don Camillo quando in bicicletta fanno a gara a chi passa davanti ma poi entrambi aspettano l’amico perché questa è la vera gara della vita. Una solidarietà nel vero senso della parola. Noi spesso la fraintendiamo. Solidarietà oggi come oggi significa fare una donazione a chi è meno abbiente. No, la solidarietà è vivere, gareggiare e competere con uno spirito di amicizia. Questo è ciò che fa grande la Maratona, questo è il segreto perchè a ogni Maratona ci sono migliaia di appassionati che si mettono in gioco per il vero valore della vita.

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