E’ L’OCCASIONE PER PENSARE ALLA POLISPORTIVA
La storia della Reggiana e di Reggio Emilia evidenzia il forte spirito di cooperazione che anima il reggiano. Faccio due esempi clamorosi e che sono un fiore all’occhiello della reggianità: la costruzione dello stadio Giglio e del Core. Due “monumenti” di Reggio Emilia seppur con significati diversi ma che hanno visto scendere in campo i reggiani. Certo, non paragono il finanziamento per la costruzione di un ospedale a uno stadio ma chi ha messo mano al portafoglio l’ha fatto con lo stesso spirito di cooperazione e solidarietà.
La costruzione dello stadio Giglio aveva un principio ben preciso: edificare la “casa” della Reggiana. Oltre mille reggiani hanno consegnato a Franco Dal Cin 5 miliardi di vecchie lire in cambio di abbonamenti pluriennali e di una percentuale di azionariato nella Mirabello 2000, la società proprietaria dello stadio. In pratica mille reggiani avevano creduto nel progetto sportivo di Franco Dal Cin perché per 5 o 10 anni si erano abbonati alla Reggiana.
Il Centro Oncologico ed Ematologico ha un significato ben più importante ma anche in questo caso è la “casa” dove i reggiani (e non solo) si possono curare. Non a caso poi è sorto, sempre col finanziamento dei reggiani, anche Il Mire (Maternità infanzia). Nulla è stato dato in cambio ai donatori ma solo la garanzia che Reggio è diventata una eccellenza nella cura di queste malattie sempre più diffuse.
Una lunga premessa per entrare nell’argomento “sottoscrizione” lanciata in questi giorni dalla Reggiana. Non so se susciterà o meno l’interesse dei reggiani (tifosi e imprenditori) ma forse è giunto il momento di andare oltre, di riprendere quel progetto che lo stesso Franco Dal Cin tanti anni fa aveva lanciato quando con altri dieci imprenditori “salvarono” il basket che era al collasso. Dieci imprenditori, compresa la Reggiana, misero sul tavolo 100 milioni di lire per far ripartire la Pallacanestro Reggiana. Non so se siamo nelle stesse situazioni, perché fatico a credere che Stefano Landi possa chiudere baracca e burattini a fine stagione anche se onestamente ne avrebbe tutti i diritti perché l’ha annunciato a inizio stagione e a oggi, cosi’ ho letto, nessun si è fatto avanti per affiancarlo. Non so come andrà a finire a giugno ma credo che sia il momento di provare a fare un qualcosa che solo Reggio Emilia può ipotizzare. Si’ la famosa Polisportiva.
So tutte le diffidenze, le difficoltà che ogni volta che ne parlo mi vengono prospettate, le divisioni e le peculiarità dei vari sport e società ma è questo il momento giusto.
Non sono un esperto di Polisportiva ma so che ci sono manager di grande livello (Alessandro Dalla Salda) che sono sicuramente all’altezza per stilare un progetto di Polisportiva. Non mi voglio addentrare oltre per evitare inutili discussioni ma vorrei semplicemente far notare un particolare. Le società sportive di Reggio vivono con due tipi di finanziamento: gli sponsor e le risorse personali dei proprietari. Gli incassi sono una percentuale che incide pochissimo nel calcio, rugby e pallavolo e forse di più nel basket.
La grossa fetta di sovvenzioni deriva dagli sponsor ma ormai la torta è sempre la stessa e le quattro società fanno a gara a chi si prendere la fetta più grossa. Ma la torta è sempre la stessa. L’unico segreto è poter allargare il “ventaglio” di sponsor. In pratica avere una torta più grossa ma per fare questo occorre uscire dai confini provinciali. Ma come può fare la Reggiana, la Grissin Bon, il Valorugby o il Conad poter incontrare il gradimento di aziende a livello nazionale? Impossibile o quasi. Il calcio può riuscire in questa impresa se sbarca nel pianeta serie A dove ci sono sponsor istituzionali legati alla Lega Calcio. In parte avviene anche nel basket.
L’altra fetta di sostentamento deriva dai soldi che i proprietari dei club mettono a fine stagione per ripianare i conti in rosso. Facciamo qualche cifra? Amadei (26%), Salerno (25%) e i soci reggiani (49%) dovranno ipotizzare di staccare un assegno da 1,5 o 2 milioni di euro. A Stefano Landi la Pallacanestro Reggiana costa da 100 a 150-200 mila euro al mese. Da anni regge da solo le sorti del basket a Reggio. Enrico Grassi, patron del Valorugby lo finanzia per 1 milione di euro, il Conad è uno sponsor importante. Ma non è questo l’aspetto primario anche se fondamentale ma piuttosto la mancanza di imprenditori che si avvicinano come proprietari alle varie società. La Reggiana è una eccezione ma perché nasce da un gruppo di sponsor dell’Ac Reggiana che si sono uniti per dare vita alla Reggio Audace partendo dalla serie D. Poi è arrivato Romano Amadei che ha sostituito Marco Arturo Romano. Non voglio rimarcare la fragilità economica che ha caratterizzato la società lo scorso campionato ma per sottolineare che è dovuto arrivare un imprenditore da Parma (Amadei è di Sorbolo anche se viene considerato Brescello se) per tornare ad alzare l’asticella. Lo stesso vale per il rugby perché senza Grassi il Rugby Reggio sarebbe rimasto pieno di buona volontà ma ai margini. Il Volley Reggio è da anni che sogna di poter rinverdire i fasti della serie A.
Ciò che voglio porre all’attenzione è che a governare le nostre società professionistiche sono pochi imprenditori e se continuiamo con questo andazzo ce ne saranno sempre meno. Ci può essere la speranza di un ricambio ma sempre in modo casuale o improvvisato.
La domanda è scontata ma non la risposta: la Polisportiva può essere una risposta all’esigenza di coinvolgere altri imprenditori?
Nemmeno io so dare una risposta ma certamente credo sia l’unica alternativa a un andazzo che porterà di volta in volta calcio, basket, rugby e volley a dei saliscendi in funzione di chi sarà alla guida del club. Di una cosa però sono certo: se lasciamo che questo sia il corso degli eventi, oggi caso mai calcio e rugby sono in ascesa e il basket soffre ma in futuro potrebbe essere un ribaltone e via dicendo. In questo modo, però, che non si vada da nessuna parte.
Certo, ci può essere una soluzione, come avviene in altre città italiane della dimensione di Reggio Emilia, dove uno sport ha il sopravvento su tutti. Vorrei citare Parma per tutte dove un tempo il Rugby, il Volley e il Baseball erano sinonimi di scudetto, oltre al Parma di Tanzi. Oggi la realtà vede un solo sport prevalere per mancanza di risorse, non certo per impiantistica.
E’ anche vero che negli anni novanta Reggio Emilia aveva ben 10 società in serie A ma erano altri tempi. Lo conferma il fatto che la squadra di pallavolo femminile è sparita, cosi’ l’hockey a rotelle e tante altre realtà.
Come si può costruire la Polisportiva? Non lo so ma ciò che immagino è una Polisportiva che possa avere un peso politico, istituzionale e di attrazione verso gli sponsor a livello nazionale. Una nuova e diversa esperienza di società professionistica sia nella gestione che nel modo di proporsi all’esterno, all’Italia sportiva.
Non bisogna mai dimenticare che a Reggio Emilia è nato il primo stadio privato di una società di calcio per cui Reggio potrebbe essere la culla di una prima Polisportiva non di proprietà di una famiglia, vedi Benetton o Berlusconi ma di una collettività.
Provare per credere.
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