ECCO PERCHE’ LA REGGIANA IN 20 ANNI
NON E’ MAI ANDATA IN SERIE B
Mi sono sempre chiesto, come del resto credo anche i tifosi granata: perchè la Reggiana in 20 anni non è mai andata in serie B?
La risposta, che arriva dopo la lunga analisi che potrete leggere di seguito, porta a questa conclusione.
- Un mancato rigido rispetto del budget per garantire continuità di gestione di una proprietà e poter avviare una programmazione a lungo termine.
- Un cambio di progetto tecnico non porta da nessuna parte ed è figlia della casualità.
- La Reggiana non è mai stata baciata dalla fortuna nei momenti cruciali, anche per errori arbitrali.
Tutte le società emiliane romagnole hanno avuto una crisi ma è dalla stagione 1999/2000 che la Reggiana è precipitata nell’inferno della terza serie, anzi ha subito due fallimenti ed è ripartita da un campionato inferiore alle serie C. Nel 2005 è stata la serie C2, nel 2018 la serie D. Ho provato ad analizzare gli ultimi 20 anni di storia della Reggiana per darmi una spiegazione che vada oltre alle banali considerazioni per cercare di capire se c’è un motivo concreto, reale, assodato.
Iniziamo nel stabilire un concetto: squadra forte se società forte. Lo sappiamo benissimo perché i periodi vincenti della Reggiana sono coincisi anche con una straordinaria solidità societaria. Si potrebbe partire dal famoso “triunvirato” che poi si è allargato per arrivare all’era Sacchetti-Fiaccadori ma anche l’inizio dell’era Fantinel-Dal Cin. Quindi negli ultimi 20 anni la Reggiana non ha mai avuto una società solida? Non è del tutto vero. Franco Dal Cin aveva lasciato in eredità a Foglia e Cimurri un patrimonio di 20 milioni di euro (i diritti di superficie per la costruzione dei Petali) e altrettanti debiti. Una scellerata gestione finanziaria e l’elevato budget ha portato al fallimento. Dalla ceneri è spuntata prima un “azionariato diffuso” capeggiato da Benassi e Campani, poi Iniziativa Tricolore. Non so se vi ricordate che la proprietà di Inizitiva Tricolore aveva messo attorno a un tavolo industriali del calibro di Vando Veroni (Miss Deanna), Nino Spallanzani (Interacciai e Etv), Fabio Storchi (Comer) la Fiduciaria di Oscar Zannoni e da colossi delle cooperative come CIR, Coopsette, Betulla, Casa Modena, Transcoop e tante altre. Ma prima ancora dell’arrivo di Iniziativa Tricolore era stato costituito un azionariato diffuso composto da Pietro Benassi, Maurizio Campani, la famiglia Rizzo che aveva acquistato 4 quote con la Rizzo Spa, la Rizzo Carlo, la Ifir Holding Spa e la Rigel Spa, Claudio Zambelli ed Enrico Zini: una come Zini e Zambelli Costruzioni Srl, l'altra con la Sap Srl, Gregorio Villirillo Srl dei fratelli Salvatore e Tommaso Villirillo, la Nuova Autofrance di Claudio Campani, la Sassi & Co, la Eternedile del bolognese Franco Nessi, la Fiduciaria Felsinea Srl, rappresentata dal dottor Losi. Per non parlare degli sponsor Coop Nordest, Conad, Tecton, Coopsette, Betulla, Cormo, Cmr, Quanta, Cir, Unipol, Coopservice, Transcop, Ccps, Comer, Interacciai, Lombardini, Fagioli, Ceramica Ricchetti, Burani, Bacchi, Spal, Walvoil, Landini, Smeg, Fantuzzi.
In questo passaggio è intervenuta la politica che ha chiesto a Benassi e Campani di fare un passo indietro per lasciare spazio a Iniziativa Tricolore. In ogni caso entrambe queste società avevano una forza economica dirompente eppure sotto il profilo dei risultati sono stati modesti: la promozione dalla C2 alle C1 al terzo campionato e una serie di play off ma senza l’affondo finale.
Il passaggio ad Alessandro Barilli è stato un “disimpegno” della cooperazione per non rimanere con il cerino in mano. Barilli, però, stava cercando di gettare le basi per una società solida con l’avvenuto dell’industriale Pietro Vavassori. Progetto naufragato con un “tira e molla” di Vavassori e quindi il salvataggio della Reggiana da parte di Stefano Compagni che poi ha pensato di poter rafforzare la società con l’avvento di Mike Piazza. Dopo due anni in cui il campione di baseball ha investito 10 milioni di euro, è arrivato il fallimento. Ora è storia recente: un gruppo di sponsor dell’epoca Piazza che diventano soci assieme a Marco Arturo Romano, con tutto ciò che ne consegue fino all’avvento di Romano Amadei dell’Immergas.
Una cronistoria delle ultime vicende societarie per affermare in modo insindacabile che vi sono state delle “proprietà forti ed economicamente solide” nel corso di questi ultimi 20 anni. Allora cosa è mancato?
Questo il fattore unico: un rigido rispetto del budget per poter avviare una programmazione a lungo termine. E’ questo un elemento decisivo. Foglia e Cimurri hanno pagato col fallimento il depauperamento del tesoretto per la cessione dell’area dello stadio attraverso gestioni sportive da “mani bucate”. Iniziativa Tricolore si è sbriciolata per lo stesso motivo perché da un budget iniziale di 3 milioni si è passati rapidamente ai 5,5 milioni di euro. Un costo giudicato insostenibile per le tasche di Spallanzani e amici come per le varie Coop. Ma lo stesso concetto vale per Mike Piazza che non poteva certo mettere ogni anno 5 o 6 milioni di euro nella società.
Il primo indice che ci porta a spiegare il perché la Reggiana in 20 anni non è mai salita in serie B fa riferimento a questo elemento dato: la mancanza di un rigido rispetto del budget che potesse consentire una programmazione a lungo termine.
Questa alternanza di proprietà e il dover ogni tre o cinque anni dover ripartire da capo ha inciso anche sotto il profilo sportivo.
Se tralasciamo gli ultimi anni della gestione Dal Cin che sono stati una sofferenza, vedi salvezza ai play out, poi è arrivato la fase di Cimurri-Foglia che è durata tre anni con Cadregari e poi Giordano. Poi si è ripartiti con Iniziativa Tricolore: tre anni di C2 (da Foschi a Pane), la promozione in C1 e due play off (Pane e Dominissini) per la serie B ma ormai il ciclo era finito perché prima di gli industriali e poi la cooperazione si voleva disfare della Reggiana. Arriva Barilli e gestisce la Reggiana con le risorse che riesce a reperire tra campionati di bassa classifica, altri insignificanti (niente retrocessione) alternando sempre allenatori da Mangone, a Zauli, ad Apolloni a Battistini quindi la fusione con la Pro Patria con l’arrivo di Colombo che offre speranze per il sogno serie B. Ma anche qui, sul più, bello Pietro Vavassori fa marcia indietro e si deve ripartire prima con Stefano Compagni poi da Mike Piazza. Anche in questo caso gli allenatori si alternano da Colucci a Menichini, a La Rosa-Tedeschi-Eberini. Il costo della gestione (sfiorati i 10 milioni di euro nel 2016/2017) porta a ciò che abbiamo pagato: il dover ripartire dalla serie D.
Una seconda considerazione: un cambio di progetto tecnico non porta da nessuna parte ed è figlia della casualità. In questi 20 anni si sono alternati 26 allenatori. Solo Alessandro Pane ha potuto guidare la Reggiana per due stagioni e mezzo. Programmare in questo modo è impossibile.
L’ultimo elemento che mi sento di chiamare in causa è la fortuna. In questi 20 anni la Reggiana non ha mai goduto di quel pizzico di buona sorte per cambiare il proprio destino nei momenti cruciali.
Alcuni esempi: la semifinale play off a Cremona e poi ad Avellino sotto la gestione Foglia-Cimurri. Sappiamo tutti che la Reggiana venne penalizzata perché tutti sapevano le condizioni finanziarie in cui versava.
Sotto la gestione Iniziativa Tricolore la finale play off di C2 persa a Pagani per un ambiente ostile. Poi la semifinale persa con la Pro Patria, società poi fallita.
La finale persa a Bassano con la conclusione di Alessi all’ultimo istante sotto la gestione Barilli. Per arrivare agli ultimi due play off: quello perso a Firenze con l’Alessandria e l’ultimo, figlio di un errore arbitrale, a Siena.
Episodi arbitrali o sfortunati che non sono mai stati dalla parte della Reggiana.,
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